Fascina
La fascina
La stramma, una volta composta a " fascina " , veniva legata con gliu capistu e portata in paese in equilibrio sulla testa.
Lungo le mulattiere che portano dal centro urbano alla montagna, spesso si poteva vedere un continuo andirivieni e lunghe file di donne con la stramma sulla testa.
Il rituale della lavorazione era piuttosto complesso perché prevedeva alcune fasi propedeutiche, senza le quali la stramma non poteva essere lavorata; innanzitutto per abbattere la durezza delle lunghe foglie taglienti della stramma, questa si doveva battere su una pietra posizionata appositamente, con uno strumento chiamato “magliu”; dopo questa battitura seguiva la mondatura, cioè l’eliminazione di tutte le parti scadenti e quindi inservibili e, infine, veniva distesa al sole per consentirne un primo essiccamento; solo dopo poteva essere utilizzata per confezionare le tipiche funi. Trattandosi di un materiale isolante, elastico e anche rigido, veniva utilizzato per tanti altri scopi, fino a quello che era finalizzato a proteggere i recipienti di vetro dagli urti e a quello di confezionare le scope da utilizzare in casa.
La lavorazione della stramma si associava anche a momenti di socializzazione tra le donne che prendevano posto in luoghi riparati dal sole e ventilati (in genere portici) che parlavano, raccontavano aneddoti vissuti nella ricerca della stramma, cantavano o che si impegnavano in altre relazioni.